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Succede che i progetti di grandi rivoluzioni si sgonfino e poi falliscano completamente per colpa di un dettaglio che sfugge. Un dettaglio rivelatore. La rivoluzione etica del ciclismo amatoriale italianoè finita nel pomeriggio dello scorso 30 agosto a Lubiana, in Slovenia, quando un misconosciuto ex
professionista palermitano, Giuseppe Di Salvo, ha vinto ilCampionato Mondiale Amatori Uci. Di Salvo, che oggi ha trent’anni, nel 2007 venne trovato positivo per gonadotropina umana a un controllo antidoping al Giro delle Tre Provincie e squalificato per due anni. Scontata la squalifica, riprese per un po’ a fare il professionista e poi passò al mondo amatoriale.
Alla faccia della normativa etica (unica al mondo) federale, il campione del mondo nell’unica prova riconosciuta dall’Uci è un ex dopato. Sulla vicenda su Internet si sono scritte e si stanno scrivendo parole di fuoco. Normale, logico che sia così. Dopo che per mesi a tutti i presidenti di squadre ciclistiche amatoriali italiane è stato chiesto di garantire l’«etica» dei loro tesserati facendosi carico di tutti gli oneri burocratici, un ex dopato per sostanza pesante sale sul grandino più alto del podio di una rassegna mondiale, si merita gli onori dell’home page sul sito della Federciclismo e viene addirittura premiato da Renato di Rocco, presente di persona all’imperdibile (?) appuntamento.
Com’è stato possibile un autogol del genere? La vicenda è semplice. Di Salvo in Italia è tesserato come cicloturista, con la maglia della Maggi 1906, squadra toscana che ha già avuto in passato casi di doping. Il suo tesserino è Uisp. Ai Mondali Master ci si può iscrivere solo con untesserino federale da cicloamatore. Quelli degli enti della Consulta non valgono. Ma Di Salvo, insistendo nemmeno troppo, è riuscito a ottenere lo stesso il pettorale è ha vinto. E Di Rocco l’ha premiato, nel suo ruolo di presidente della «Mass Partecipation Event della Cycling for All Commission» dell’Uci che Brian Cookson gli ha assegnato come contentino dopo averlo escluso dal governo mondiale del ciclismo. Del ciclismo vero. Quando Di Salvo si è presentato sul podio, a Di Rocco il suo nome non ha detto nulla: normale che il presidente della Federciclismo non si ricordi di uno dei pochi casi di positività alla gonadotropina accaduti durante il suo “governo”? Normale. Normale che nessun federale (nella commissione c’è anche Gianluca Santilli) non abbia nemmeno dato un’occhiata alla lista degli “azzurri” iscritti a un evento che storicamente a sempre creato guai al nostro ciclismo? Normale. Com’è normale che nessuno in Federazione abbia nemmeno pensato di “googlare” il nome dell’atleta, cosa che ormai fanno tutti gli organizzatori per mettersi al riparo dai guai.
Dopo il terremoto su Internet, la Federciclismo ha fatto rapidamente sparire la celebrazione di Di Salvo dal suo sito e diffuso un comunicato con cui si chiede all’Uci di togliere il titolo a all’atleta. Richiesta tardiva e patetica.
Tutto questo mentre (basta guardare alle decisioni della Procura e del Tribunale Antidopingdelle ultime settimane) la situazione doping nel ciclismo amatoriale sta rapidamente precipitando. Leggete queste note ufficiali del Coni relative solo ai primi quindici giorni di settembre.
«La prima sezione del Tribunale Nazionale Antidoping, nel procedimento disciplinare a carico di Alberto Tota, visti gli artt. 2.1 e 4.2 delle Norme Sportive Antidoping e 2.1 e 10.2 del Codice WADA, gli ha inflitto 2 anni di squalifica, a decorrere dal 9 maggio 2014 e con scadenza 8 maggio 2016 …. E’ stato disposto che la presente decisione sia comunicata all’interessato, all’UPA, alla WADA, alla ACSI e alla società di appartenenza».
«Nel procedimento disciplinare a carico di Corrado Sanvito, visti gli artt. 2.1 e 4.2 delle NSA e 2.1 e 10.2 del Codice WADA, gli ha inflitto 2 anni di squalifica, a decorrere dal 19 aprile 2014 e con scadenza fissata al 18 aprile 2016. … è stato disposto che la presente decisione sia comunicata all’interessato, all’UPA, alla WADA, all’ UCI alla FCI e alla società di appartenenza».
«Nel procedimento a carico di Vincenzo Bonelli, visti gli articoli 2.1 e 4.2 delle Norme Sportive Antidoping e 2.1 e 10.2 del Codice WADA, ha inflitto a Bonelli 2 anni di squalifica, a decorrere dall’8 maggio 2014 e con scadenza fissata al 7 maggio 2016 … Il TNA ha disposto che la decisione sia comunicata all’interessato, alla Procura Antidoping, alla WADA, all’UCI e alla FCI, oltre che alla società di appartenenza».
«La Prima Sezione del Tribunale Nazionale Antidoping ha provveduto, accogliendo l’istanza dell’Ufficio Procura Antidoping del CONI, a sospendere in via cautelare l’atleta Cataldo Bello (tesserato per l’Ente di Promozione Sportiva CSEN) riscontrato positivo a Corigliano Calabro il 26 luglio 2014 , dopo il controllo effettuato dalla Commissione Ministeriale ex lege 376/2000».
«Nel procedimento disciplinare a carico di Alberto di Pasquale visti gli artt. 2.1 e 4.2 delle NSA e 2.1 e 10.2 del Codice WADA, gli ha inflitto la sanzione della squalifica per 2 anni, a decorrere dal 29 /04/ 2014 e con scadenza 28/04/2016 … e disposto che la presente decisione sia comunicata all’interessato, all’UPA, alla WADA, alla CSAIN e alla società di appartenenza».
I casi di non negatività si susseguono sempre più numerosi (il 2014 sarà anno record), gli organizzatori di gran fondo e i partecipanti continuano a segnalare atleti non in regola che partecipano alle corse o gareggiando tranquillamente o facendo “da lepri” ai loro compagni di squadra.
Non serve un profondo analista per capire che il progetto etico della Consulta è fallito alla radice, che il solo modo di disintossicare il ciclismo malato è quello di frenare in ogni modo l’agonismo malato. Continuando cosi oltre a non fermare chi si dopa si stimolano furbi, imbroglioni, fabbricatori di scorciatoie. Basta con i “mondiali” Uci, con i mondialini Uisp, con le premiazioni di categoria alle gran fondo. Basta con l’esaltazione del vincitori, ridicola e patetica.